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Norvegia

di Veronica Balocco.

L’aereo decolla. E sono dieci. Quindici volte. Lui non tiene neppure più il conto. Le ali salgono e mirano alla latitudine più selvaggia. L’unica che lo faccia sentire così. “Io amo quegli spazi. Quei silenzi. Quelle solitudini. Lì puoi sentirti veramente te stesso: esplorare, cercare, annusare. E trovare la linea che ti appartiene davvero”. Alberto tiene sul cuore la toppa rotonda che certifica la sua storia. Il distintivo di una vita. E intanto punta gli occhi al cielo, verso una destinazione che torna. Ma che ogni volta sa essere nuova.

Lo racconta lui stesso, che la Norvegia è uno dei mondi più magici che una guida alpina possa immaginare. Ormai lo sa bene che è così.

Il primo viaggio di tanto tempo fa, nella sperduta Trysil di quell’angolo continentale che pochi conoscono. “Un incontro con lo sguardo di chi non aveva mai visto quei luoghi – ricorda -: la folgorazione davanti al verde sperso nel bianco, la sensazione di un inverno intenso. Ma anche la delusione per una mancanza di neve che non ci si attendeva”. E allora, il bisogno di inventarsi la vita, per trovare comunque la sciata da portare a casa.

Alberto ha ancora ogni istante nella mente. E racconta quei giorni come fossero solo il primo minuto di una lunga storia: “Da allora con la Norvegia ho stretto un rapporto sempre più intimo. Sempre più vario”, mi confida. “Ma sempre da discreto ospite”. Dopo Trysil la rotta ha fatto tappa nei fiordi, poi sulle isole Lofoten, quindi nel Nord più selvaggio. I respiri di Tromsø, l’aria frizzante delle Lyngen Alps, il vento delle traversate in mare verso Olderdalen. Il paradiso dello scialpinismo, del tallone libero in salita, della traccia da firmare lontano da sguardi e voci sconosciute. “Ogni anno un nuovo viaggio, una settimana in cui la vita di ogni giorno svanisce per lasciare posto allo sci. All’esplorazione. Al silenzio. Alla bellezza del rapporto con la natura”. E mentre anche ora sul tavolo pullulano progetti, programmi, idee per la primavera che arriverà, sono già tanti gli amici che hanno messo nel proprio scrigno l’esperienza. “In genere sono clienti che conosco da anni, persone che so come sciano, che so cosa posso chiedere loro”, ammette. Perché il viaggio scialpinistico in Norvegia non è una passeggiata. “La neve può non essere delle migliori, gli itinerari possono imporre una certa fatica fisica, le giornate possono essere stancanti”. Ecco perché, se una barriera all’ingresso c’è, è certamente la necessità di essere disposti ad affrontare un’avventura vera. Solitaria e intima. Educativa e ricca. Ma soprattutto vera.

La formula del viaggio si ripete costante. E Alberto ammette di vederla un po’ come una pozione magica. La migliore cui possa pensare. “In genere prendo in affitto un appartamento. Qualcosa da sei, massimo otto posti. E una volta lì, con i clienti scatta subito la grande festa della vacanza: la spesa al supermercato. Uscire a cena in Norvegia non è esattamente raccomandabile: i prezzi sono proibitivi e i cibi, lo ammetto, non rispondono esattamente ai nostri gusti. Quindi per noi è normale così, da sempre: una spesa, il fornello acceso, una cena nell’intimità del nostro appartamento”. Insomma: una cosa così, senza tanti fronzoli. Senza neppure la voglia di andare oltre, di vedere se in zona ci sia qualche locale per un’uscita serale. “Spesso non c’è nulla – racconta Alberto – e dunque il dubbio neppure si pone”. Ma anche quando i volti sulle strade si moltiplicano, la preferenza cade sempre sulla solitudine di casa. “In tanti anni non sono mai riuscito a fare amicizia con un norvegese – confessa sorridendo un po’ -. Le loro abitudini sociali sono lontane dalle nostre. E ho sempre trovato un po’ difficile stringere rapporti con i locali”. Che sia per comprensibile mancanza di tempo, che sia un po’ per scelta, comunque pazienza: l’obiettivo in fondo non è quello di socializzare. E allora va bene lo stesso, anche senza nuovi amici da aggiungere alla rubrica del cellulare.

L’introspezione, la solitudine, il silenzio restano in fondo i compagni più imprescindibili di ogni viaggio. Gli unici cui non si può rinunciare. “Senza quelli, il senso sarebbe perso”, dice Alberto. E la mente vola alle mattine fredde, magari ancora buie, nelle quali il furgone porta la compagnia verso quella cima intravista il giorno prima. Dal basso. “Funziona sempre così – spiega ancora la guida alpina -: leggo, mi informo, seguo. Ma alla fine ogni giornata nasce seguendo il naso. Osservando le condizioni, cercando le esposizioni migliori, immaginando una linea da mettere in pratica. E semplicemente andando”. Il ventaglio di alternative, in effetti, non delude mai: gli immensi spazi della Norvegia offrono ogni volta uno scorcio di silenzio. “E se vediamo altre tracce o percepiamo altre presenze, si cambia. Perché nulla ci obbliga, lassù, a condividere la stessa cima con gli sconosciuti”. Il senso più profondo del backcountry è tutto qui, in fondo. Nel bisogno di ricerca, nella voglia di estetica, nel desiderio di esplorazione: un istinto che nel Nord artico si sposa ogni volta con la compagna perfetta, dalla neve fredda e polverosa, leggera ed evanescente, dell’inverno a quella morbida e vellutata, ovattata e luminosa della primavera. Cornici perfette per un movimento desideroso di prestazione, guidato da sci larghi e presenti, capaci di affrontare ogni terreno con  sguardo curioso e sfrontato.

La vera magia, in questo senso, è quella delle Lyngen. Nord estremo del Paese. Dove il Sole d’inverno non supera mai l’orizzonte per davvero,  lasciando la vita assopita sotto una pigra penombra. “Alle Lofoten, un poi più a sud, le cose sono diverse – mi racconta Alberto -. Gli scenari sono meno selvaggi e gli spazi molto più ristretti. Si punta a discese brevi e ripide. Intense. Ma ci si scontra quotidianamente con la presenza di  altri sciatori, che ormai, in stagione, popolano ogni angolo di quelle isole.  Ecco perché non è esattamente il mio ambiente”. Alle Lyngen, invece, il quadro cambia. “La meta sta diventando piuttosto nota nell’ambiente, ma le carte da giocare sono così numerose che il lato selvaggio dell’esperienza non si esaurisce mai”. Un giorno qui, un altro là. Lontano. Nella neve polverosa e scricchiolante. Dove non c’è nessuno cui mostrare le proprie curve. E la sera, dopo aver divorato anche la discesa, la magia si riaccende sotto il cielo: ad ammirare quasi ogni giorno lo spettacolo più emozionante che la natura artica sappia regalare. L’aurora boreale.

Luce? Buio? Nei viaggi di Alberto l’interruttore è sempre acceso. “Non mi pongo la questione, perché tutto è facilmente affrontabile”, ammette lui. Viaggi a gennaio, febbraio, all’inizio della primavera, addirittura a maggio: “Li ho vissuti tutti, e tutti continuerei ad organizzarli. Perché ogni momento ha una sua bellezza. La scarsa luminosità delle giornate di pieno inverno, quando sali molto presto e scendi nel primo pomeriggio, all’arrivo della penombra. E poi le luci basse infuocate dell’imbrunire, infinite nella loro durata, a guidarti verso casa. Poi la stagione che avanza con la luce che si fa sempre più presente. Le ore di sci che si moltiplicano. Gli scenari che cambiano. Tutto ha un suo incredibile fascino”.

E allora eccolo lì. Alberto. E un aereo ad attendere. Il sedicesimo, il diciassettesimo? Chi lo sa. “A volte sono scappato dall’Italia anche d’estate – ammette – e me ne sono volato al nord della Norvegia nonostante non fosse tempo di sci. Erano i mesi della pesca a mosca, delle trote dei grandi fiumi. Da rilasciare dopo averle ammirate in tutta la loro bellezza”. Solo la Norvegia – lui lo sa – regala tutto questo, un lato e l’altro della medaglia. Una faccia e l’altra della Luna. “E così sono già al lavoro per immaginare nuove partenze – mi dice infine, chiudendo la lunga chiacchierata -. Non so ancora bene a quale zona punterò. Non so ancora quasi nulla. Ma so che anche questa volta sarà semplicemente bellissimo”.

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